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Buongiorno, le lusinghe del mercato e il “peso” granata: nel calcio (social) le bandiere esistono ancora?

Buongiorno, le lusinghe del mercato e il “peso” granata: nel calcio (social) le bandiere esistono ancora?

Alessandro Buongiorno fa slalom nei rumors di mercato, tra acidi commenti e arditi paragoni, regge la ricerca di bandiere nel calcio-social?  Nella giornata di ieri, venerdì 12 gennaio 2023, il post social pubblicato da Sky Sport su Instagram: pagina che vanta quasi 3 milioni e mezzo di seguaci (più degli abitanti di Milano e hinterland […]

Alessandro Buongiorno fa slalom nei rumors di mercato, tra acidi commenti e arditi paragoni, regge la ricerca di bandiere nel calcio-social? 

Nella giornata di ieri, venerdì 12 gennaio 2023, il post social pubblicato da Sky Sport su Instagram: pagina che vanta quasi 3 milioni e mezzo di seguaci (più degli abitanti di Milano e hinterland compreso), ad aver collezionato un maggiore engagement, riportava le parole di Urbano Cairo circa il futuro di Alessandro Buongiorno.

Nello specifico, il patron alessandrino nega ai colleghi di Radio 1 il possibile coinvolgimento del difensore in una trattativa in uscita, con un biglietto di sola andata dal capoluogo piemontese in direzione Milanello. Puntuali con l’arrivo della finestra di calciomercato invernale infatti, si sono palesati alle porte del Filadelfia rumors (più o meno fondati) sul papabile interesse del Milan per il numero 4 granata.

Voci di corridoio, che come spiegato hanno trovato la altrettanto tempestiva replica del numero uno del club sabaudo. Il quale si è prodigato a smentire in pompa magna quanto si ventilava sulle pagine dei principali quotidiani sportivi: «Buongiorno ha rinnovato fino al 2028. Non lo vendo, io lo voglio tenere e lui vuole restare, sta crescendo moltissimo».

Come spesso accade nell’era dell’editoria informatica, le frasi pronunciate da Cairo hanno fatto in pochi istanti il circolo delle dozzine di siti web presenti in rete, fino a giungere al pre menzionato portale Instagram targato Sky. Il post in questione ha collezionato 24’000 like (più degli spettatori medi al Grande Torino nel girone di andata), e all’incirca 200 commenti (ad onor del vero questi in gran parte rilasciati da utenti di dichiarata fede rossonera).

Al di là degli esorbitanti numeri riportati, coi quali ci siamo giustamente familiarizzati visto l’immenso bacino di utenza che presentano i social, quel che più sorprende è l’entità delle interazioni raggiunte. Nello specifico, l’osservazione che a sua volta si è guadagnata maggior riscontro recita: «Buongiorno finirà come Belotti». Commento, seguito da altri (sempre in ordine di engagement) plasmati nella medesima sostanza e che riportano appunto simili obiezioni: «State a vedere che fa la fine di Belotti», o ancora: «Affarone, come quando hanno rifiutato 100 milioni per Belotti».

Tutte le asserzioni qui riportate rappresentano il “classico” mix di pertinacia e livore sportivo che si può ritrovare in altre migliaia e migliaia di proposizioni presenti in questi angoli “calcistici” della rete. Il tutto all’insegna dall’immediatezza e la facilità con cui ogni individuo può – o perlomeno crede di – far valere la propria opinione online. A tal proposito però, quel che è più difficile di quanto possa apparentemente sembrare, è calibrare sulla bilancia il giusto “peso” che questi commenti Instagram possano ricoprire nel panorama sportivo (e non solo) odierno.

Per quanto sia lapalissiano puntualizzare che – salvo strane eccezioni -in nessuno degli utenti in questione alberghi l’effettiva volontà di palesarsi sotto l’abitazione di Cairo per decantare il proprio pensiero prima digitato in rete, sarebbe riduttivo non considerare l’importanza ricoperta al giorno d’oggi, di quanto da loro stessi espresso online per via del medium adoperato. Basti pensare alla campagna mediatica di biasimo raccolta qualche anno or sono da Domenico Berardi, “reo” di non aver chiuso i battenti in quel di Reggio Emilia, per navigare alle porte di una big italiana o europea.

buongiorno atalanta torino

Sembra così lontano dunque quel 13 maggio del 2012, giorno in cui si consumava parallelamente nel ventre dell’Allianz Stadium e del Giuseppe Meazza, l’ultima apparizione in Serie A di Alex Del Piero, Gennaro Gattuso, Filippo Inzaghi e Alessandro Nesta. Altri tempi, altro calcio: sicuramente meno social, non che questo rappresenti necessariamente un punto a favore del primo, rispetto a quello di oggi.

Più che domandarsi se esistano ancora le classiche bandiere nel mondo del pallone nostrano – interrogativo tornato in auge dopo che anche Giorgio Chiellini ha recentemente appeso gli scarpini al chiodo – sarebbe forse più congeniale interrogarsi sul cosa significhi effettivamente oggi rappresentare un club. Con relative sponsorizzazioni, capacità di immagine, marketing e per l’appunto traffico web “portato” sulle stesse pagine delle compagini (aspetto curato nei minimi dettagli attualmente dalle società).

Eppure, la necessità di tratteggiare sotto la propria lente baluardi che possano richiamare da lontano le reminiscenze del passato è un sentimento che appartiene a quegli inguaribili ottimisti che non possono fare a meno di beneficiare dei barlumi di romanticità che ancora il calcio è in grado di offrire. Suona quanto mai preciso nel nostro discorso, quanto approfondito dall’attore Claudio Verdone (com’è noto grande appassionato del pallone) giusto un lustro di mesi fa a Trastevere: «Il Calcio di un tempo? Aveva molta più poesia, che adesso purtroppo si è persa: bisogna essere un po’ nostalgici». Con l’Er Patata (agli annali Piero Ruffolo) di “Compagni di Scuola” che pone il punto sulla necessità di: «Ricominciare dai giovani dei vivai», altrimenti…«Le bandiere come i Totti, i Del Piero, i D’Amico non ci saranno più, ed è doloroso».

Insomma, parli di vivai e non puoi che, tornando alle parole di Cairo, pensare ad Alessandro Buongiorno. Uno che con la maglia del Torino ci è cresciuto dal primo rango delle giovanili nel 2007, sino a scambiare al Grolsch Veste Stadium (Olanda), quella stessa divisa con quella della Nazionale nel 2023. O rifiutare la prospettiva di disputare una Coppa europea, con annesso stipendio ben più elevato, proposto dall’Atalanta in estate. Senza parlare della nemmeno accarezzata idea di un passaggio in Arabia (a proposito di bandiere, ennesima batosta): in una sessione di compravendite che ha visto un’Europa sportiva al verde rifocillarsi con il verde dei petrodollari sauditi.

Dunque qual è la verità? I commenti social e gli smodati numeri che possono catturare con quella tendenza a pungere chi troppo rimane in quella fantomatica “zona di comfort” che tanto circola come intercalare online (e di cui nessuno conosce però i confini)? O il sogno di un ragazzo cresciuto tra le mura del Filadelfia e che vive con quella giusta dose di incanto giovanile la sua maturazione sportiva nonché umana?

Probabilmente solo il tempo darà una risposta al quesito. Per adesso Buongiorno si àncora alle parole del proprio Presidente e a giudicare dal rendimento in campo tutto sembra fuorchè influenzato dai boatos sul suo conto. I paragoni con i predecessori, vedi inspiegabilmente, Belotti (uno con oltre 100 marcature all’attivo) non reggono.

Mentre le prospettive economiche o le velleità in bacheca rasenteranno solo un lontano pensiero fino a che vestire l’emblema del Toro rimarrà un piacere e non un “peso” da sopportare per dimostrare a qualcuno, lui stesso per primo.

Calcionews24.com

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