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Buon compleanno a… Claudio Sala

Oggi è il compleanno di Claudio Sala, legato da sempre alla maglia del Torino: la sua storia Oggi Claudio Sala compie 76 anni. Ha giocato nel Monza, nel Napoli e ha chiuso la carriera con il Genoa, ma per tutti è legato indissolubilmente alla maglia granata, indossata dal 1969 al 1980. Un periodo che significa […]

Oggi è il compleanno di Claudio Sala, legato da sempre alla maglia del Torino: la sua storia

Oggi Claudio Sala compie 76 anni. Ha giocato nel Monza, nel Napoli e ha chiuso la carriera con il Genoa, ma per tutti è legato indissolubilmente alla maglia granata, indossata dal 1969 al 1980. Un periodo che significa esattamente tre cose inerenti i sentimenti profondi per la tifoseria del Toro, che della storia ha il culto come poche altre al mondo.

La prima è che il Poeta del Gol veniva chiamato così perché inventava calcio, non era prosa ma talento puro e come tale proseguiva una strada tracciata dallo scozzese Denis Law e ancora di più, ancora più diretto al cuore con un tracciato di dribbling e serpentine, sterzate e improvvisazioni, da Gigi Meroni, scomparso troppo presto, lasciando dietro di sé rimpianto e il dolore per i giorni non vissuti.

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Sala ne è stato l’erede innervando il suo gioco di un modo tutto suo, meno individualista, orientato a cercare il punto migliore dal quale servire i gemelli Graziani e Pulici, la mattonella giusta da raggiungere attraverso un percorso mai uguale a se stesso. Negli anni ’70, e massimamente nel biennio che ha visto Toro e Juve alternarsi alla guida del campionato e la città della Mole essere il meglio del calcio italiano anche nella sua riproduzione in azzurro, la rivalità con l’altro numero 7 della città Franco Causio è stata una delle ragioni domenicali di maggiore piacere o discussione tra le persone.

Non è un caso che proprio il Barone juventino, più estroso nella sua origine meridionale rispetto al più taciturno brianzolo torinista, spesso e volentieri si accosti al rivale quando ricorda quei tempi. E non è solo per ragioni di convivenza in Nazionale, dove se giocava l’uno, l’altro era costretto a guardarlo, con conseguente spreco di qualità, seduta in panchina (ma la scelta di Bearzot era comprensibile, in un’Italia dove ogni pedina funzionava perfettamente). Non è neanche la nostalgia legata ai derby, dei quali Claudio ha ricordato 10 anni fa un meccanismo psicologico che in casa Toro veniva attuato per caricarsi e incarnare quel famoso tremendismo che inorgogliva il popolo: «Ci inventavamo interviste, uno nello spogliatoio diceva “Bettega ha detto che Pulici non segnerà”, oppure “Hai letto cosa ha detto Causio di Sala?”». Persino Gianni Agnelli, che pure non doveva essere super partes per statuto, lo era diventato per ammirazione reciproca e dopo il Mondiale del 1978 non esitò a dichiararlo: «Quel Causio è sempre formidabile. Quando parte con il pallone sembra Garrincha, in area un po’ meno. Claudio Sala, invece, porta l’avversario sul fondo, è un altro fenomeno». A funzionare, per Causio, Sala e tutti coloro che li hanno visti, tanto da accomunarli in una specie di filosofia calcistica con riflessi esistenziali, è la magia del ruolo di ala destra, quella che oggi porta l’ex granata ed ex partenopeo a sostenere che «le partite si vincono con esterni offensivi rapidi, forti nell’uno contro uno e al cross. Il Napoli ha vinto lo scudetto con Kvaratskhelia, ma anche con tanti altri giocatori bravi ad attaccare dalle fasce».

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Ed è questa la seconda dimensione dell’amore nei confronti di Sala. Giocatori come lui, non ci sono più. «Sala, c’è ancora poesia sulle fasce?», gli chiede tre anni fa La Gazzetta dello Sport. La risposta apre un mondo ulteriore. É al Toro che lui diventa un 7, trasformando la sua natura: «Si dribbla dl meno perché e’é meno necessità. Oggi l’esterno si volta senza problemi e spesso si trova campo libero davanti. Io avevo l’uomo addosso fin da quando ricevevo palla spalle alla porta e. se riuscivo a voltarmi, dovevo arrivare fino alla linea di fondo e poi là, chiuso tra linee di gesso e bandierina, trovare lo spazio per il cross perché Graziani e Podici aspettavano… Quando Radice mi propose di fare il 7, io ero molto scettico, perché avevo dribbling, ma non velocità. Ero cresciuto 10. Può un’ala non essere veloce? E invece aveva ragione lui. Non ho mai giocato bene come con Radice».

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Infine, c’è il terzo motivo: lo scudetto vinto nel 1976, a riallacciare quel filo tragicamente spezzato a Superga. Se il Toro fosse un’università, Claudio Sala sarebbe uno dei docenti più prestigiosi. E anche se la poesia non è facile da trasmettere, siamo sicuri che ci riuscirebbe.

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